Dal un punto di vista cromatico, appare evidente che l’alimentazione certosina è dominata dal bianco. E non solo l’alimentazione, a dire la verità. Già nell’abbigliamento domina il bianco, così come la mensa è preparata con tovaglie di colore bianco. Anche il pesce è carne spesso “bianca”. E, guarda caso, tra gli alimenti più presenti va certamente citato il formaggio.
Ma perché il bianco? Difficile non pensare che anche in questo la gastronomia certosina non voglia ricordare pure a tavola il tema della purezza, così come quello della vita futura. La stessa Parola di Dio invita a guardare in questa direzione:
È per questa ragione che il formaggio è un alimento molto ricercato e quindi curato in tutte le sue fasi. Solo per rendere l’idea sulla strettissima relazione tra il derivato dal latte e il monachesimo, facciamo notare (senza pretesa di esaustività) come diversi formaggi siano assai legati all’ambiente monastico:
Mozzarella |
Originaria del monastero di San Lorenzo in Capua. Il nome rimanda all’azione di «mozzare» la pasta filante. |
Laguiole |
Prodotto a partire dal 1120 nell’Abbazia di Aubrac, in Francia, per rifornire i pellegrini diretti a Santiago de Compostela. |
Heive |
Prodotto dai monaci del Belgio. |
Esrom |
Originario del monastero di Esrom, in Danimarca (XI-XII secolo). |
Grana Padano |
Originario dell’Abbazia cistercense di Chiaravalle Milanese. |
Montasio |
Prodotto dai monaci dell’Abbazia di Moggio Udinese (XIII secolo). |
Osservando l’amplissima diffusione nel Continente europeo della produzione di formaggi nell’ambito dei monasteri sparsi un po’ dappertutto, possiamo considerare il valore religioso del prodotto caseario come un patrimonio consolidato del cristianesimo.