Islam

Le mille e una notte

La letteratura musulmana ci consegna testi in cui il vino è molto presente. È il caso dell’opera Le mille e una notte, un testo molto antico, forse addirittura di origine indiana, anteriore all’arrivo degli arabi nella penisola. Già nel IX secolo se ne conosce una versione araba, che venne poi rivista e completata molte volte, fino ad assumere la forma attuale, databile intorno al 1400 d.C.

È una raccolta di storie che ha come protagonista la principessa Shahrazàd che si salva dalla condanna a morte del sultano Shahriyàr narrando numerosissimi racconti, che contengono a loro volta, altre storie: la tecnica è quella delle cosiddette «scatole cinesi». Ovviamente, terminati tutti i racconti, il sultano non ucciderà la principessa, ma la sposerà!

L’ambiente narrativo de Le mille e una notte rimanda al mondo arabo di fede musulmana. Dunque cosa possiamo leggervi riguardo all’alcol? In realtà, molte cose, le quali ci forniscono più di un motivo di riflessione. Da una parte si registrano precise condanne: «Non bere vino: sorgete di tutti i vizi» (Storia delle tre mele) Quindi una condanna pienamente coerente con il dettato coranico. Tuttavia sono numerosi i personaggi e i contesti nei quali il vino e i liquori sono molto presenti e assai apprezzati.

Riportiamo un esempio scegliendolo tra i numerosissimi: la Storia del piccolo gobbo contiene a sua volta la “Storia del mancino” dove è possibile leggere:

“poiché ero molto debole a cagione del sangue perduto, certe persone del quartiere molto cortesi e pietose, ebbero la carità di farmi entrare in casa loro, e di darmi da bere un bicchiere di vino”.

E ancora:

“Non appena ebbi pronunciate queste parole, lei mi offrì un bicchiere di vino, dicendo: - Pigliate e bevete; questo vi darà coraggio!

È bene precisare, a questo punto, che Le mille e una notte non sono un testo religioso, tantomeno normativo: per l’islam solo il Corano contiene il volere di Allah e gli hadith di Muhammad aiutano a comprendere e a vivere il volere divino. Quindi, l’opera di cui ci stiamo occupando – così come tanti altri esempi di letteratura arabo-musulmana – non lascia comunque alcuno spazio alla possibilità che il fedele musulmano acceda all’alcol. Aiuta, piuttosto, a comprendere come anche in questa religione il valore del vino e dell’alcol superi giudizi e prospettive anguste, perché, seppur in modo assai diverso dall’ebraismo e dal cristianesimo, anche nell’islam la carica simbolica del vino apre scenari che accennano a realtà non solo terrene.

Mecca Cola e altre bevande

I tempi cambiano, ma le regole alimentari religiose no. Se, come abbiamo visto, da sempre è presente una certa letteratura che mantiene una prassi non validata dal Corano, oggi si cercano strade diverse.

La proibizione dell’alcol nell’islam è ben chiara. Ma le contingenze storiche hanno prodotto e producono continuamente altre riflessioni e comportamenti che si ripercuotono a loro volta nelle scelte alimentari quotidiane.

“Non bere” per il musulmano non è solo il rifiuto dei prodotti che contengono alcol. Per ragioni assai diverse (e quasi mai religiose) questo imperativo coinvolge sempre più spesso anche bevande di per sé lecite come Coca-Cola e Pepsi, perché richiamano il mondo occidentale, in quanto prodotte in Paesi non islamici.

In Italia l’islam è la seconda religione più praticata. Anche questa è una valida ragione per riflettere ancora qualche istante sulle bevande consumate dai musulmani. Sono molte quelle che richiamano il mondo occidentale: Cola Turka; Amrat Cola; Arab cola sono già un esempio di prodotti pensati come alternativa alle suddette bevande assai conosciute. Qui però preferiamo soffermarci su altre che, nel loro nome, evocano rimandi chiaramente religiosi.

La creazione di questi prodotti, dunque, risente certamente di motivazioni politico-economiche, tuttavia è anche in grado di legare, ancora una volta, alimentazione e religione musulmana.

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