Giovanni il Battista e Gesù di Nazaret, come è noto, erano parenti, ed entrambi erano consapevoli della propria vocazione: il primo doveva preparare il terreno al secondo. Entrambi sanno anche di essere destinati a una morte violenta (decollazione e croce). Molto in comune, dunque, ma anche alcune diversità. Tra queste, il loro rapporto col vino.
Nel Vangelo di Luca 7, 33-34 si legge:
È venuto infatti Giovanni il Battista, che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e voi dite: “Ecco un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori!” (cf. anche Vangelo di Matteo 11,18-19).
Giovanni era astemio per scelta: il suo non era un rifiuto del vino per ragioni legate alla bevanda in sé o al rispetto di tabù alimentari. La sua scelta di astenersene voleva essere segno, un segnale per gli altri: per lui ciò che più rallegra l’uomo e che è dono di Dio, il vino, non è possibile consumarlo a causa dell’infedeltà del popolo di Israele all’alleanza con Dio stesso. Gesù invece non disdegnava il vino. Il Dio dei patriarchi dell’Antico Testamento è divenuto l’Emmanuele, il Dio-con-noi. È nato e ha preso carne umana: che gioia! Una realtà che merita attenzione e che si traduce in prassi diverse dal passato. Bere vino è segnale di tempi nuovi, di qualcosa che già c’è e simbolo alimentare di quanto godremo nel futuro. Gesù beveva vino e invitava a berlo. E continua ancora oggi a invitarci alla mensa eucaristica dove, guarda caso, troviamo pane e vino!