Ce ne sono di chiese e di chiesuole, al mio paese, quante se ne vuole! E santi che dai loro tabernacoli son sempre fuori a compiere miracoli. Santi alla buona, santi famigliari, non stanno inoperosi sugli altari. E chi ha cara la subbia, chi la pialla, chi guarda il focolare e chi la stalla, chi col maltempo, di prima mattina, comanda ai venti, alla pioggia, alla brina, chi, fra cotanti e così vari stati, ha cura dei mariti disgraziati. Io non so se di me qualcuno ha cura, che nacqui all’ombra delle antiche mura. Vien san Martino che piove e c’è il sole, vedi le vecchie che fanno all’amore. Rustico è san Martino, prospero, antico, e dell’invidia natural nemico. Caccia di dosso il malocchio il bambino, dà salute e abbondanza San Martino. Sol che si nomini porta fortuna e fa che abbiamo sempre buona luna. Invocalo, se vuoi vita beata, in ogni ora della tua giornata. Vien Sant’Antonio, ammazzano il maiale. Col solicello è entrato carnevale. L’uomo è nel sacco, il sorcio al pignattino, corron gli asini il palio e brilla il vino. Viene, dopo il gran porcaro, San Giuseppe frittellaro, San Pancrazio suppliziato, San Giovanni Decollato. E San Marco a venire non si sforza, che fece nascer le ciliege a forza. E San Francesco, giullare di Dio, è pure un santo del paese mio. Ce ne sono di santi al mio paese per cui si fanno feste, onori e spese! Hanno tutti un lumino e ognuno ha un giorno di gloria, con il popolino intorno. |
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