Cristianesimo


La celebrazione eucaristica domenicale segna il punto più alto del rapporto tra alimentazione e religione cristiana.

La domenica (dal latino dies dominica = “giorno del Signore”) è un tempo in cui il cristiano è chiamato a un rapporto ancora più intenso con Dio. Anche a tavola. Ogni domenica è domenica di risurrezione, è Pasqua.

Affonda in un passato forse nemmeno troppo lontano la scelta di mangiare qualcosa di particolare alla domenica. Provate a chiede a qualche “anziano” di casa se corrispondeva a verità l’affermazione: “La domenica si mangia la carne”… Anche questo uso contribuiva a distinguere il “giorno del Signore” dai giorni feriali.

Intendiamoci: quando le condizioni sociali ed economiche erano molto diverse dalle attuali, l’alimentazione domenicale costituiva veramente una novità nello stile gastronomico e permetteva anche di vivere meglio la dimensione religiosa del giorno del Signore. Ora, per fortuna, le condizioni sociali, almeno per quanto riguarda i Paesi dell’area occidentale, sono decisamente migliorate, tuttavia sopravvivono abitudini alimentari le cui origini sono strettamente connesse con la festa religiosa che si celebra.

Nel calendario liturgico dei cristiani non mancano comunque altre occasioni di festa, oltre alla domenica. E il cibo delle feste è uno degli aspetti che più caratterizza la festa stessa. Abbiamo visto sul libro come la solennità della Pasqua venga celebrata a tavola e come, per giungervi, il cristiano debba attraversare la Quaresima, un periodo di astinenza e di digiuno. Ma subito prima – abbiamo visto anche questo, c’è il Carnevale (il corrispettivo cristiano di Purim), durante il quale la preparazione di Cenci o di Frittole rimandava alla gioia che precedeva il duro periodo quaresimale. Oggi non è più così: il consumo di questi dolci è diventato abituale e il periodo quaresimale fatica a mantenere vive le poche norme alimentari che la religione cristiana impone.


La festa è sempre anche il giorno o il tempo in cui ricordare i santi, sia quelli più noti, sia il patrono del luogo.

La solennità di Tutti i Santi, che cade il 1° novembre, viene ricordata ad es. in Toscana preparando i Pan dei Santi. In Sardegna, invece, si gustano i Papassinos.

Tra le occasioni di festa più note, il 2 novembre, Commemorazione dei defunti, è una ricorrenza molto sentita dai cristiani. Cominciamo con il ricordare che si tratta di una vera festa. Nel Vangelo di Luca 24,50-53 leggiamo che Gesù se ne va (ascensione) e i suoi amici provano “grande gioia”. Strano… Quando ci separiamo dagli amici o dai familiari anche solo per motivi temporanei, talvolta siamo presi da tristezza o quanto meno non siamo del tutto sereni. Quando poi la separazione è definitiva, affiora in noi il dolore e la prostrazione: non li vedremo più, non li ascolteremo più, non li toccheremo più.

Non diversamente l’evangelista Giovanni, pur con un testo denso di teologia, conferma il quadro tracciato poco sopra da Luca: «Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate» (Vangelo di Giovanni 14,27-29).

La gioia degli amici di Gesù risorto è la stessa che attraversa i cristiani anche nei momenti più duri, perché, accanto al dolore, deve trovare spazio anche la consapevolezza che non è tutto finito, che il distacco è solo temporaneo, che chi ci ha lasciato vive. Per questo si deve gioire ed è possibile fare festa!

Ma senza il cibo, un cibo preparato per l’occasione, si può dire “è festa”? Per spiegare le ragioni che legano cibo e festa religiosa, Pellegrino Artusi segnala l’abitudine di cucinare un dolce particolare detto Fave alla romana o dei morti:

“Le fave, e soprattutto quelle nere, erano considerate come una funebre offerta, poiché credevasi che in esse si rinchiudessero le anime dei morti, e che fossero somiglianti alle porte dell’inferno”.
(P. Artusi, La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene, n. 622)

È un interessante caso in cui troviamo stretti rapporti tra alimentazione e religioni, al plurale. Del resto, non si conosce festa senza dolci, lo sappiamo! Inoltre la presenza delle fave il 2 novembre è molto estesa e non si caratterizza solo come dolce: in Liguria si preparano i Bacilli, fave secche; nelle Marche le Fave dei morti, così come in Umbria si cucinano le Fave con le cotiche e le Fave dei morti. Fave che, per altre ragioni, si trovavano sulle tavole sia durante la Quaresima che a Pentecoste.

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