Sulla spinta degli avvenimenti del XVI secolo (la Riforma protestante) nella Chiesa cattolica si registrarono importanti novità, animate soprattutto dal desiderio di mostrare un volto diverso della fede cristiana. Per fare questo si cercò ispirazione nel passato per trovare elementi e prassi di vita per i contemporanei: si cercarono nelle origini le motivazioni per il presente. È il caso della riforma operata da san Bruno di Colonia che ha dato origine all’Ordine Certosino, all’interno della quale vengono prese in grande considerazione la Parola di Dio, l’iconografia, l’uso delle forme geometriche.

A proposito di queste ultime, è interessante notare con quanta attenzione, all’interno dell’Ordine, si procedesse alla rimozione degli angoli. Perché smussare gli angoli? Lo aveva già spiegato a suo tempo un grande Dottore della Chiesa del IV-V secolo, san Girolamo, il quale, commentando Ezechiele, aveva scritto che “gli angoli smussati tendono a seguire il tondo, che è la più bella di tutte le figure”. Come dire: ogni particolare va curato e deve dare forma a una visione di vita che non trascuri assolutamente nulla. Questo spiega come l’austerità e la povertà della Certosa dei primi secoli abbiano comunque lasciato spazio a nuove decorazioni: e proprio la santificazione di san Bruno del 1633 fu occasione per un impulso architettonico e decorativo generale davvero significativo.

I frati Certosini, come abbiamo visto, sono eremiti che vivono in comunità. I loro monasteri (certose), che si sono sviluppati sul modello del primo monastero francese, la Certosa, sono pensati per creare il clima migliore dove vivere la solitudine, ritrovandosi comunque insieme in rari momenti ben precisi.

Il refettorio è il luogo in cui i monaci si ritrovano per mangiare e bere senza infrangere l’originalità certosina. In questo senso, esso è un luogo paradigmatico del monastero, in cui vita religiosa e alimentazione si intersecano.

Ogni ambiente del monastero deve rendere ben visibile il legame particolare tra l’uomo, che volontariamente accetta lo stile di vita certosino, e l’ambiente, che trasuda di sacro. Questo vale per la cella del monaco, così come anche per il refettorio e per gli oggetti, come le posate e tutto ciò che riempie la tavola, che vi partecipano a loro modo, quasi fossero strumenti liturgici, come se a tavola si celebrasse un culto liturgico.

E anche l’apparato iconografico ne risente: nei soggetti delle pitture che ricoprono le pareti delle Certose difficilmente mancano precisi riferimenti ai banchetti biblici, ad esempio:

Molto diffusi sono anche le pitture i cui soggetti ricordano l’Astinenza, la Temperanza e l’Obbedienza.

Nel refettorio monastico si mangia senza parlare. Lo si legge già nella Bibbia: «c’è un tempo per tacere e un tempo per parlare» (Qoelet 3,7). Nulla di nuovo, dunque. Basterebbe poi leggere alcuni autori del passato cristiano come Ippolito che, nel suo testo La Tradizione apostolica già legava pasto e silenzio:

Durante il pasto, coloro che sono invitati mangino in silenzio evitando di discutere, ma dicendo ciò che il vescovo permette o rispondendo alle sue domande”.

E ancora:

Se i fedeli prendono parte al pasto alla presenza non del vescovo, ma di un sacerdote o di un diacono, mangino con la stessa moderazione”.

Non si tratta di buona educazione, ma di una scelta religiosa, che pone la proclamazione della Parola di Dio al centro anche di un momento conviviale. Non che il “galateo” sfuggisse alla prassi certosina. Basterebbe ricordare, ad esempio, che lo stare a tavola conosceva indicazioni assai rigorose. I monaci, ad esempio, dovevano lavarsi le mani e curarsi che il loro corpo, durante il pasto, mantenesse la compostezza e la misura. Era proibito cibarsi con ingordigia (ricordiamo che ciò rimanda a un preciso peccato mortale: la gola) e non si consumava il pane prima del pasto. È bene sottolineare anche l’obbligo di evitare di sporcare la tovaglia per pulirsi la bocca (era bianca, quindi non doveva essere macchiata perché avrebbe perso il suo significato di purezza) e di servirsi del tovagliolo (utile, appunto, per la bocca) per pulirsi il naso.

 

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