Sant’Agata è la patrona di Catania e viene ricordata il 5 febbraio con grande solennità e partecipazione. Anche culinaria. La sua storia, come spesso è possibile riscontrare per molti santi, è arricchita da episodi non sempre verificabili.
Vissuta nel III secolo, di lei si ricorda, ad esempio, la capacità di sopportare per fede terribili torture fisiche: tra queste anche l’amputazione del seno con una tenaglia. Le Cassatelle di Sant’Agata, conosciute anche come Minne di Sant’Agata, non sono che piccole cassate siciliane con la forma di mammella. Pan di spagna, rosolio, ricotta, gocce di cioccolato e canditi sono gli ingredienti principali che, terminata la preparazione, vengono ricoperti da una glassa bianca con una ciliegina posta in cima. La forma, appunto, deve richiamare il seno.
Ma tutta la sua storia è contrassegnata da fatti terribili e particolari. Ad esempio si racconta che per fuggire ai persecutori, la santa, trovò riparo su una pianta di olivo selvatico: e la tavola celebra l’evento con le Olivette di Sant’Agata, dolci di pasta di mandorle, ricoperti di zucchero e colorati di verde, a forma di oliva. Certamente un modo molto gustoso per ricordare la biografia della patrona di Catania!

Il 21 giugno ricordiamo San Luigi Gonzaga. Nativo di Castiglione delle Stiviere in provincia di Mantova, egli è spesso raffigurato con un particolare colletto che probabilmente ha dato lo spunto per l’Anello di San Luigi Gonzaga: si tratta di una ciambella preparata con farina, zucchero, uova, burro e mandorle, e presentata con lo zucchero a velo sparso sopra.

Santa Rosalia è la patrona di Palermo. La sua festa (4 settembre, ma ne ricorrono anche altre) costituisce un momento di partecipazione dei fedeli davvero significativa. Mangiare i Babbaluci (lumachine) significa festeggiare la Santa.
Ci piace sottolineare qui come santa Rosalia permetta di legare due aspetti molto comuni nel tema che presentiamo. Innanzitutto la relazione tra cucina e religione: le lumache sono un cibo “magro”, cioè un alimento che ben si addice a una giovane eremita vissuta nel XII secolo, nota per le sue mortificazioni, anche culinarie (digiunava moltissimo, ad esempio).
In secondo luogo, Rosalia ci presenta un’epoca e una regione in cui l’influsso arabo-musulmano è assai vivo ancora oggi. La parola «babbaluci» deriva infatti dall’arabo babush che significa, appunto, «lumaca».

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