La Bibbia è uno dei libri tra i più letti nel mondo.
E forse possiamo definirla “il” libro per eccellenza, in quanto patrimonio della cultura dell’uomo.
Tra le sue pagine troviamo numerosi brani che, servendosi di un lessico gastronomico, hanno tentato di far assaporare la bontà che ci attende nella vita, quando siamo in comunione con Dio.
Sul testo cartaceo abbiamo riportato alcuni passaggi di Isaia e Proverbi.
Qui proponiamo il seguente passo tratto dal libro del Siracide:
Io come vite ho prodotto splendidi germogli
e i miei fiori danno frutti di gloria e ricchezza. …
Avvicinatevi a me, voi che mi desiderate,
e saziatevi dei miei frutti,
perché il ricordo di me è più dolce del miele,
il possedermi vale più del favo di miele.
Quanti si nutrono di me avranno ancora fame
e quanti bevono di me avranno ancora sete.
Siracide 24,17.19-21
In questi versetti la Sapienza è presentata con attributi e riferimenti umani.
Una ri-lettura cristiana di questo passo dell’Antico Testamento riconosce alla sapienza la prerogativa divina: sapienza dunque è nutrirsi di Dio.
A questo allora siamo chiamati? Sì. Ed è ciò che succede già ora nella celebrazione eucaristica.
O Dio , tu sei il mio Dio,
dall’aurora io ti cerco,
ha sete di te l’anima mia,
desidera te la mia carne
in terra arida, assetata, senz’acqua. …
Come saziato dai cibi migliori,
con labbra gioiose ti loderà la mia bocca.
Salmo 63,2.6