La CIA (Confederazione italiana degli agricoltori), l’OMA (Organizzazione mondiale degli agricoltori), Agrofarma, Coldiretti, WWF, Last Minute Market, e tante altre organizzazioni, concordano nel denunciare l’incapacità di provvedere diversamente alla gestione del cibo. Probabilmente verso il 2050 il nostro Pianeta raggiungerà i nove miliardi di abitanti (contro circa i sette attuali), ma già adesso siamo consapevoli che, pur producendo per molti abitanti in più, ci sono centinaia di milioni di persone che patiscono la fame.
La lotta contro gli scarti, così come ad es. la rinuncia alla carne, costituisce una scelta consapevole, ricca di conseguenze e possono contribuire ad affrontare un tema, la fame nel mondo, che solo apparentemente non possiamo risolvere subito, nella cucina di casa nostra.
L’Italia ha cercato di offrire una copertura normativa a quanti desiderano impegnarsi in questa direzione. La legge n. 155 del 25 giugno 2003, conosciuta come «legge del buon samaritano» fu promulgata con precise finalità:
Le organizzazioni riconosciute come organizzazioni non lucrative di utilità sociale ai sensi dell’art. 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, e successive modificazioni, che effettuano, ai fini di beneficienza, distribuzione gratuita agli indigenti di prodotti alimentari, sono equiparate, nei limiti del servizio prestato, ai consumatori finali, ai fini del corretto stato di conservazione, trasporto, deposito e utilizzo degli alimenti.
È una legge composta da un unico articolo e un unico comma!
Ispirata alla normativa statunitense Good Samaritan Food Donation Aid del 1996, quella italiana equipara le ONLUS ai consumatori finali: quindi facilita enormemente il riutilizzo di cibi commestibili (magari prossimi alla scadenza) e ricavati dalle mense scolastiche, dalle mense aziendali, dai ristoranti, dai supermercati. Siamo in presenza di un reale tentativo di disciplinare il recupero degli alimenti, ponendo alcuni vincoli sul trasporto e sulla conservazione, ma permettendo di operare nella direzione della lotta allo spreco.
Del resto, l’invito a non sprecare il cibo è presente già nel Nuovo Testamento:
«Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste». Vangelo di Luca 9,17
Il passaggio di Luca si colloca in un contesto ben più ampio e rilevante da un punto di vista teologico. Per quanto riguarda il nostro percorso, vogliamo sottolineare come il Maestro, dopo il grande segno della moltiplicazione dei pani e dei pesci, dia ai discepoli dei compiti ben precisi in questo senso. Gesù stesso, infatti, sollecita un comportamento rivolto contro gli sprechi: tutto deve essere raccolto, nulla deve essere gettato o rifiutato. Nulla, tanto meno il pane!
Nel libro abbiamo dedicato ampio spazio ai numerosissimi piatti che si possono preparare con il pane avanzato, quello cioè vecchio o raffermo (ad es. p. 66). Non diversamente abbiamo parlato della cucina del «quinto quarto», quella cioè capace di riutilizzare anche la parti “meno nobili” degli animali (p. 74). Si tratta di piatti che potremmo definire «“svuota frigo» e quindi, a prima vista, non degni di trovare posto in un menù ricercato e prezioso. Ma sarà poi vero? Secondo noi, no! Anzi, siamo di fronte a cucine e piatti che mostrano stili alimentari forse poco conosciuti, e talvolta anche poco apprezzati, ma certamente ad altissimo contenuto spirituale e morale!
Dovremmo allora fare nostro lo slogan della campagna di Caritas Internationalis: “Una sola famiglia umana, cibo per tutti”. Come dire: contro la fame nel mondo scegliamo la lotta allo spreco alimentare. Lo stesso papa Francesco ci invita a unirci a questa “onda” di solidarietà.
La lotta contro lo spreco alimentare può dunque assumere molti volti. La cucina del riciclo è uno strumento prezioso e da valorizzare in funzione antispreco, anche e soprattutto nell’ottica professionale che caratterizza l’IPSSAR. Perché anche i futuri diplomati degli Istituti alberghieri possono portare un valido contributo per modificare questo discutibile stile di vita.