San Francesco d’Assisi
Padre nostro

Dante Alighieri
La divina Commedia. Purgatorio XI, 1-21

O santissimo Padre nostro: creatore,
redentore, consolatore e salvatore nostro.

Che sei nei cieli, negli angeli e nei santi,
illuminandoli alla conoscenza, perché tu, Signore, sei Luce;
infiammandoli all’amore, perché tu, Signore, sei amore;
ponendo la tua dimora in loro e riempiendoli di beatitudine, perché tu, Signore, sei il sommo bene, eterno,
dal quale proviene ogni bene
e senza il quale non esiste alcun bene.

Sia santificato il tuo nome:
si faccia luminosa in noi la conoscenza di te,
affinché possiamo conoscere l’ampiezza dei tuoi benefici,
l’estensione delle tue promesse,
la sublimità della tua maestà,
e la profondità dei tuoi giudizi.

Venga il tuo regno perché tu regni in noi per mezzo della grazia
e ci faccia giungere nel tuo regno, ove la visione di te è senza veli, l'amore di te è perfetto, la comunione di te è beata, il godimento di te senza fine.

Sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra affinché ti amiamo con tutto il cuore sempre pensando a te; con tutta l'anima, sempre desiderando te; con tutta la mente, orientando a te tutte le nostre intenzioni e in ogni cosa cercando il tuo onore; e con tutte le nostre forze, spendendo tutte le energie e sensibilità dell'anima e del corpo a servizio del tuo amore e non per altro; e affinché possiamo amare i nostri prossimi come noi stessi, trascinando tutti con ogni nostro potere al tuo amore, godendo dei beni altrui come dei nostri e nei mali soffrendo insieme con loro e non recando nessuna offesa a nessuno.

Il nostro pane quotidiano da’ a noi oggi il tuo Figlio diletto, il Signore nostro Gesù Cristo, dà a noi oggi: in memoria, comprensione e reverenza dell'amore che egli ebbe per noi e di tutto quello che per noi disse, fece e patì.

E rimetti a noi i nostri debiti per la tua ineffabile misericordia, per la potenza della passione del tuo Figlio diletto e per i meriti e l'intercessione della beatissima Vergine e di tutti i tuoi eletti.

Come noi li rimettiamo ai nostri debitori e quello che non sappiamo pienamente perdonare, Tu, Signore, fa' che pienamente perdoniamo, sì che, per amor tuo, amiamo veramente i nemici e devotamente intercediamo presso di te, non rendendo a nessuno male per male e impegnandoci in te ad essere di giovamento a tutti.

E non ci indurre in tentazione nascosta o manifesta, improvvisa o insistente.

Ma liberaci dal male passato, presente e futuro.

Amen.

O padre nostro, che ne’ cieli stai,
non circunscritto, ma per più amore
ch’ai primi effetti di là su tu hai,

 

Laudato sia ‘l tuo nome e ‘l tuo valore
da ogni creatura, com’è degno
di render grazie al tuo dolce vapore.

 

Vegna ver noi la pace del tuo regno,
ché noi ad essa non potem da noi,
s’ella non vien, con tutto nostro ingegno.

 

Come del suo voler li angeli tuoi
fan sacrificio a te, cantando osanna,
così facciano li uomini de’ suoi.

 

Da’ oggi a noi la cotidiana manna,
sanza la qual per questo aspro diserto
a retro va chi più di gir s’affanna.

 

E come noi lo mal ch’avem sofferto
perdoniamo a ciascuno, e tu perdona

benigno, e non guardar lo nostro merto.

 

Nostra virtù che di leggier s’adona,
non spermentar con l’antico avversaro,
ma libera da lui
che sì la sprona.

 

Quest’ultima preghiera, segno caro,
già non si fa per noi, ché non bisogna.

Anche se non è possibile ritrarre con certezza le circostanze esteriori, quali il tempo, il luogo e l’autenticità letteraria, questa "parafrasi” del Padre nostro rimane una delle pagine più rivelatrici della preghiera di san Francesco, dunque della sua storia spirituale, colta nel vertice del suo colloquio più frequente e abituale con Dio Padre. È noto che il Padre nostro era la preghiera prediletta di san Francesco d’Assisi (1182-1226) e risuonava continuamente nei "luoghi" dei frati, cantata su una melodia popolare, tanto che venne poi utilizzata anche come alternativa all'Ufficio divino per i "frati illetterati". Prendendo lo spunto dalla preghiera di Gesù, san Francesco medita, contempla, gode, canta e implora, allargandosi agli angoli più preziosi del Regno di Dio. Può essersi servito di altri modelli, aver attinto espressioni intere da precedenti elaborazioni a sua conoscenza, ma non si può mettere in dubbio l'autenticità francescana di questa preghiera così come ci è stata tramandata. Del resto, esiste un’originalità spirituale e poetica che, nel caso di Francesco, vale ben di più, come significato biografico e spirituale, di quella testuale. Del resto, il sacramento dell’eucaristia è chiaramente al centro nel pensiero di san Francesco. Negli scritti del santo di Assisi e nella Vita redatta dal suo biografo, il frate francescano Tommaso da Celano, si legge di come san Francesco partecipasse ogni giorno alla messa e si comunicasse molto spesso. Del resto il Concilio Lateranense IV (1215) aveva stabilito che tale sacramento venisse ricevuto almeno una volta all’anno. In proposito di santa Chiara si sa che si comunicava sette volte l’anno. Contro i catari, Francesco ribadisce la presenza reale di Cristo nell’eucaristia: come “nostro” è il Padre, così “nostro” deve essere il pane.

Attività
Come san Francesco, anche Dante Alighieri (1265-1321) si è “occupato” del Padre nostro.
Abbiamo messo i due testi in parallelo per favorirne il confronto e coglierne meglio le suggestioni. 

 

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