La secolarizzazione
Movimenti e istituzioni religiose
Le religioni, dal punto di vista sociologico, possono essere pensate come un insieme di idee sul sacro in confronto al profano dalle quali è possibile derivare norme per regolare il comportamento umano. Le religioni però non sono un insieme di idee e di concetti, ma di persone in carne e ossa che vivono nella realtà le verità di fede che professano. Per fare questo i fedeli si devono organizzare in gruppi i quali possono essere più o meno istituzionalizzati.
Il movimento religioso può essere considerato una forma dinamica di organizzazione religiosa che si manifesta per riscoprire e rinnovare le credenze religiose seguite tradizionalmente. In alcuni casi si può giungere alla contestazione e anche alla rottura del sistema di riferimento.
La figura tipica del movimento religioso è il profeta che, dopo aver confrontato la vita della società in cui vive e la volontà di Dio, afferma che gli uomini si sono allontanati dalla sua volontà. Il profeta è colui che parla a nome di Dio e attira l’attenzione dei suoi contemporanei sulla necessità di ritornare a Dio.
Ciò è quanto possiamo verificare nei profeti dell’Antico Testamento, i quali richiedevano alla società del loro tempo di ritornare a vivere con sempre nuova freschezza la fede in YHWH.
Il profeta di un movimento religioso contemporaneo, invece, intende rompere con la tradizione: è la rottura dell’ortodossia quando compare l’affermazione «sta scritto, ma io vi dico». Queste parole sono anche state pronunciate da Gesù, il quale tuttavia non aveva l’intenzione di uscire completamente dalla tradizione precedente, quanto piuttosto di correggerla e rideterminarla in alcuni aspetti fondamentali.
Nel giro di poco tempo, attorno a questa figura profetica si raccoglie un gruppo che ne riconosce il potere. Dal momento del riconoscimento i membri di questo gruppo abbandonano la famiglia e iniziano a vivere in comunità ponendosi spesso in contrasto coi poteri politici e religiosi.
L’esperienza fondamentale vissuta da chi aderisce a un movimento religioso è la conversione, vale a dire una cesura, una svolta totale che fa diventare chi la sperimenta una persona diversa.
Chi compie questa esperienza taglia i ponti col passato. L’esperienza di fede di questo individuo è simile a una luce che si accende in modo tale da consentirgli di vedere ciò che prima stava nell’indistinto o nell’oscurità. Si tratta tuttavia di un fenomeno che viene vissuto non soltanto sul piano individuale, ma si realizza sul piano collettivo.
Nell’ambito cristiano, il movimento religioso più importante è stata la Riforma protestante col suo sciame di sette e denominazioni diverse e ancora in crescita.
Il processo di istituzionalizzazione trasforma il movimento in Chiesa. A questo punto occorre che le credenze subiscano un processo di sistematizzazione in una serie organica di dottrine che stanno alla base dell’adesione degli adepti al gruppo.
Quasi tutte le religioni hanno testi sacri la cui interpretazione è affidata a un gruppo di specialisti. Le pratiche religiose vengono sottratte all’arbitrio personale e ritualizzate individuando precisi tempi, luoghi e modalità con cui debbono essere celebrate. Esse sono presiedute da un clero organizzato in modo gerarchico. In tutte le religioni esiste una forte diversità rispetto alla modalità con cui i sacerdoti vengono scelti e educati, ma anche alle regole adottate affinché il gruppo rimanga fedele al messaggio.
Le sette
La setta è un gruppo di persone che segue una dottrina religiosa, filosofica o politica minoritaria, spesso fondata sugli insegnamenti di un leader fortemente carismatico, che si discosta da una dottrina preesistente già diffusa e affermata.
La definizione di setta è tuttora molto dibattuta e il termine ha assunto un significato negativo. Le sette esercitano un controllo ferreo sul singolo adepto, volto a asservirne la volontà ai loro scopi, influenzandone azioni e decisioni; i loro membri vivono separati dal resto della collettività, talvolta in modo ossessivo. Se entrare in una setta non è impresa da poco perché essa è tendenzialmente «a numero chiuso», ancora più arduo è uscirne. Infatti esiste un’ottima solidarietà tra i membri, che giunge a coprire tutto il fabbisogno (anche economico) di ciascuno, ma chi decide di abbandonare il gruppo è sottoposto a pesanti ostilità: la persona viene scomunicata e gli altri membri non possono più avere rapporti con lei, condannandola in questo modo alla solitudine e a una specie di morte sociale.
La Chiesa cattolica
Come organizzazione la Chiesa cattolica è molto flessibile e ben radicata sul territorio. Strutturata in parrocchie e diocesi, la sua presenza, anche la più periferica, è inserita perfettamente nei diversi contesti sociali, quartieri, paesi e città. Questa ramificazione e radicamento rendono possibile una notevole vicinanza alle persone e concedono la possibilità di vivere la stessa fede declinandola nei modi più appropriati tenendo conto della storia e della cultura della popolazione.
Tuttavia per esaminare la struttura stessa della Chiesa occorre tener presente non solo il luogo in cui essa vive, ma anche l’epoca. Nel Medioevo, ad esempio, i vescovi appartenevano allo stesso ceto sociale dei signori feudali, ma il basso clero spesso era scelto tra i membri delle classi più povere e più vicine alla massa della popolazione. Tuttavia la Chiesa ha dato molto spesso esempio di incredibile duttilità e di apertura alla mobilità sociale. Se ancora nel secolo scorso era difficile credere che il figlio di un contadino potesse raggiungere i vertici del comando di un’organizzazione, è utile ricordare che questo è proprio ciò che è successo a Giovanni XXIII.
Negli anni Cinquanta il movimento dei preti operai ha spostato il centro dell’azione pastorale dalla parrocchia alla fabbrica. Essi partivano dalla convinzione che, per poter comunicare con gli operai, comprendere le loro esigenze ed essere compresi, occorreva vivere come loro.
Il mondo cattolico
Non si deve pensare alla Chiesa come a un’organizzazione monolitica in cui graniticamente si sono espresse le medesime istanze religiose. L’appartenenza alla Chiesa è invece vissuta in modo molto variegato e sfumato. All’interno della Chiesa si esprimono le più svariate forme di religiosità che vanno dai voti contratti nei confronti di santi o della Madonna, alla partecipazione alle festività dei santi patroni, agli esercizi spirituali, alla partecipazione al catechismo, al culto, ai sacramenti, ai momenti di preghiera personale o pubblica, allo studio della dottrina perseguito in modo fortemente intellettualistico, all’aiuto agli ultimi, ai poveri.
La Chiesa sul territorio inoltre svolge anche attività educative e di sostegno attraverso università, scuole, associazioni professionali, caritative e di volontariato. La Chiesa raccoglie e ospita le persone anche nei momenti del tempo libero nelle associazioni ricreative e culturali. Tutte queste formazioni rientrano nel fenomeno di quello che viene chiamato «mondo cattolico». Ognuno di questi gruppi esprime un’adesione più o meno ristretta e vive la religiosità in modo molto variegato. Questi gruppi non coinvolgono nella loro gestione soltanto il clero: molti laici esplicano in questi contesti un compito organizzativo importante senza il quale le strutture non potrebbero vivere. È facile cogliere come le offerte di queste organizzazioni siano complementari o sussidiarie a quelle dello Stato.
Verso la secolarizzazione
Siamo dunque giunti a dire che tra religione e struttura sociale vi è un grado più o meno variabile di compenetrazione. Tuttavia si deve anche tener presente che le società contemporanee vivono, anche se in modo molto differenziato, uno stadio avanzato del processo di secolarizzazione. L’origine di questo processo è molto antica e può essere fatta risalire alla collocazione del divino da parte delle religioni ebraico-cristiane su un piano del tutto trascendente. Quest’idea ha fatto sì che la religione fosse liberata da qualsiasi contaminazione con la magia e abbia reso possibile lo sviluppo dell’azione umana nel mondo. Il mondo, liberato dagli influssi magici, non risulta più essere abitato da spiriti buoni o cattivi, ma composto da uomini, donne e cose concrete. Tuttavia, nonostante questo processo, la vita sino a qualche decennio fa era intrisa di elementi religiosi. Quasi ogni individuo era solito scandire i momenti della giornata, gli impegni di lavoro e di studio con la preghiera. Non si iniziava o terminava un pasto senza un momento di ringraziamento a Dio per il cibo. Tutti i momenti decisivi della vita erano vissuti all’interno di cerimonie religiose. Mattino e sera la giornata era aperta e chiusa dalla preghiera. Molte di queste pratiche, anche se diventate molto meno frequenti, non sono completamente scomparse dalla vita della gente. Spesso tuttavia sono soltanto tradizioni.
In Italia, la maggioranza della popolazione dichiara di credere in Dio, ma è molto bassa la percentuale di chi frequenta almeno una volta la settimana un culto religioso. Inoltre le festività religiose come Natale e Pasqua vengono sempre più vissute secondo valori ogni volta più mondani e consumistici. Le giornate festive attorno a quelli che un tempo erano momenti forti dell’anno liturgico diventano un’occasione per compiere un viaggio e fare un po’ di vacanza, o per scambiarsi regali tra amici e parenti, e hanno dunque perso del tutto il loro valore religioso e simbolico.
Religione e politica
La politica si è col tempo resa autonoma dalla religione: i re non vengono più incoronati e consacrati da un vescovo e del resto i vescovi non devono più essere riconosciuti dal potere politico. Col tempo è prevalsa la massima evangelica «Dare a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio», che in Italia è stato declinato con il motto «Libera Chiesa in libero Stato».
La religiosità, soprattutto in presenza di un pluralismo religioso, tende ad essere vissuta in modo sempre più privatistico e relegata negli angusti spazi della vita privata. La religiosità influenza il comportamento pratico delle persone ed anche la loro scelta politica, ma tale vissuto non diventa quasi mai palesemente politico.