L’inizio della vita

A proposito di embrione

Iniziamo l’argomentazione di questo WIP prendendo in considerazione lo statuto dell’ embrione concepito in vitro e non in vivo (nel corpo della madre) poiché in quel caso è scontato che si tratti di vita pienamente umana. Davanti a un embrione in vitro l’uomo prova imbarazzo poiché è come se si guardasse crescere a partire da una sola cellula, all’esterno del corpo della madre. Il problema, per strano che possa sembrarvi, non riguarda tanto l’embrione in sé, ma il luogo in cui si trova. Il fatto che si trovi fuori dal corpo di una donna fa sì che alcuni neghino la sua umanità e siano indotti a considerarlo un grumo di cellule. Tuttavia questo grumo di cellule è molto autorevole perché ha il potere di risvegliare nell’uomo il sogno di superare, se non la morte, almeno la soglia dell’invecchiamento. E per raggiungere questo traguardo si è pronti a violare la Dichiarazione dei diritti dell’uomo (ONU 1948, ma anche la Dichiarazione di Helsinki e la Convenzione di Oviedo) e a usare verbi come conservare, selezionare, eliminare, donare, cedere, usare embrioni. Questi verbi ricordano molto da vicino non la relazione tra uomini liberi e uguali, ma quella tra un padrone e il suo oggetto ovvero quella instaurata nei rapporti di schiavitù.

Un criterio biologico di umanità

Chi è contrario ad affermare che si possa parlare di umanità al momento della fecondazione ritiene che, sino a che l’embrione possiede la totipotenza, non si possa pensare che sia un individuo poiché a questo stadio è ancora possibile si manifesti la gemellarità monozigote. Altri posticipano il traguardo a quando nell’embrione si saranno distinte le cellule che formano la placenta da quelle del nodo embrionale. Per altri il limite è la formazione del sistema nervoso centrale che renderà possibile la razionalità, o l’annidamento in utero.
Tuttavia si fatica a trovare questo limite perché con la fecondazione si origina un processo che non ha bisogno di nessun intervento esterno e che dà origine a un organismo diverso da quello dei genitori. Questo processo è continuo e graduale: tutti gli eventi sono connessi uno all’altro, senza soluzione di continuità, e non esiste nel processo nessuna frattura.
Il personalismo ontologicamente fondato riconosce nell’ovulo fecondato i caratteri che appartengono alla specie umana, vale dire all’Homo sapiens: ciò significa che la vita umana non può che avere inizio con la fecondazione. Poiché l’embrione possiede il DNA umano gode delle caratteristiche che distinguono la nostra specie (autocoscienza, razionalità, responsabilità). Non importa che queste caratteristiche siano visibili, ridotte momentaneamente o annullate del tutto.

La sequenza del genoma umano

Nel 2000 una società privata americana ha annunciato di essere riuscita a completare la sequenza del genoma umano. Questa scoperta, secondo molti scienziati, può essere la base per poter studiare, comprendere e curare molte malattie genetiche. Dallo studio del proprio patrimonio genetico sarà possibile sapere se in vita si può sviluppare una malattia. È importante ricordare che tutto ciò non deve essere letto in senso deterministico: possedere un gene non significa necessariamente che dovremmo essere affetti da quella malattia, ma solo che potremmo svilupparla se si realizzeranno determinate condizioni. Qualunque consulenza genetica, prima e dopo aver effettuato un test genetico, dovrà tener conto del rispetto della persona e dei suoi orientamenti culturali e religiosi. Nonostante ciò, la scoperta è importante perché sarà possibile sviluppare un’alleanza terapeutica tra medico e paziente avendo come proposito quello di raggiungere il bene di quel paziente.

Le cellule staminali

Le cellule staminali sono quelle in grado di dividersi indefinitamente dando origine a nuove generazioni cellulari e di differenziarsi originandone altre specializzate, ma con minor capacità proliferativa. Nelle prime fasi dello sviluppo queste cellule sono totipotenti, ossia in grado di dar origine a un individuo intero. Successivamente esse diventano multipotenti restringendo la possibilità di differenziarsi in tipi di cellule che daranno vita ai diversi tessuti. Lo studio di queste cellule ha permesso la cura di molte malattie. Per fare un esempio, il trapianto di midollo è reso possibile dalla presenza di cellule staminali emopoietiche.
Tuttavia, non ogni utilizzo delle cellule staminali può essere considerato etico: un conto è servirsi delle cellule staminali adulte e un altro usare le cellule staminali embrionali. Quando si parla di cellule staminali embrionali è criticabile la modalità con cui esse vengono raccolte: tessuti di aborti, ma anche embrioni prodotti in vista di questo utilizzo. Oggi è possibile ottenerle solo asportando la massa cellulare interna dell’embrione, determinandone la morte. Poiché dove c’è un essere umano vivo c’è la persona, la tutela e la dignità prevista per la persona deve anche essere accordata all’embrione. Nessun fine ritenuto buono può giustificare la soppressione di un embrione. Del resto i successi in campo medico oggi si stanno raggiungendo con le cellule staminali adulte e in questo caso non ci sono limiti al loro utilizzo.

Le manipolazioni genetiche

Molte religioni hanno considerato divinità gli elementi astrali, vegetali e animali che sono quindi sacri. I cristiani non ritengono che l’ambiente sia sacro: ciò tuttavia non significa che non debba essere rispettato. Da molto tempo l’uomo lavora il suo habitat e interviene per ottenere ciò che gli serve per la vita. L’uomo è sapiente quando è consapevole di intervenire su un meccanismo assai delicato, cerca di conoscere le leggi dell’ecosistema, al fine di assecondarle e mantenere il mondo così com’è per consegnarlo alle generazioni future. Si applica in questo caso il principio di precauzione.
Tuttavia, quasi sempre l’uomo si comporta da insipiente, sfruttando in modo indiscriminato le conoscenze tecniche e scientifiche a cui è pervenuto allo scopo di rapinare la natura per saziare la sua sete di potere e di ricchezza. Le manipolazioni genetiche in questo contesto vanno ad alterare il patrimonio biologico delle specie, correndo il rischio di sconvolgere ritmi, tempi e ordinamenti della natura. Se infatti è vero che le manipolazioni genetiche consentono all’uomo di intervenire nell’evoluzione naturale, si deve considerare che non conosciamo tutti i meccanismi che concorrono allo sviluppo armonico di un ecosistema e della biosfera: perciò non è ancora possibile escludere che si possa scombinare l’armonia dell’insieme.
Per quanto riguarda gli studi sull’essere umano, il fatto che si possa controllare il patrimonio genetico significa che un giorno l’uomo potrebbe pretendere di essere l’artefice di un altro uomo. L’applicazione della manipolazione genetica in campo umano è ritenuta etica solo quando migliora, cura o facilita la salute dell’uomo. Naturalmente non sono accettabili quei comportamenti che tendono a plasmare un essere umano. Le manipolazioni genetiche dovrebbero essere usate per migliorare e non per compromettere l’ambiente in cui l’umanità vive né per controllare l’uomo. Il lavoro degli scienziati va promosso e facilitato affinché ciò che è tecnicamente possibile nel rispetto della dignità della persona venga ampliato. Tuttavia la persona deve essere servita dagli scienziati e non usata.

La clonazione

Abbiamo più volte detto che l’uomo è un essere unico e irripetibile, ma con la CLONAZIONE questa caratteristica si perderebbe. L’esempio dei gemelli monozigoti che sono dotati di un identico DNA non può essere prova per sostenere che non vi sarebbero violazioni ai diritti della persona. Infatti nel caso dei gemelli si tratta di un evento naturale, mentre la clonazione prevede un intervento tecnico. Purtroppo la clonazione apre la strada all’eugenetica, quando nei ricercatori o in chi sovvenziona la ricerca vengono esplicitati i propositi di migliorare l’uomo: nessuno ha il diritto di determinare gli standard per decidere in che cosa consista il miglioramento umano poiché non è possibile misurare chi è l’uomo migliore.

La diagnosi prenatale

Nell’enciclica Evangelium vitae al numero 63 è espresso in modo sintetico il parere della Chiesa in merito alla diagnosi prenatale. Questo tipo di intervento è ritenuto lecito solo nella misura in cui non espone madre e figlio a rischi sproporzionati: le possibilità che un nascituro venga curato nel grembo della madre sono tuttavia molto ridotte. Se queste metodiche servono ad accettare consapevolmente il bambino esse sono positive, purtroppo invece questi esami vengono praticati con una mentalità eugenetica che pratica l’aborto selettivo adducendo la motivazione che questi feti o sono malformati o sono portatori di una grave malattia. Tuttavia queste spiegazioni non possono essere addotte per togliere dignità a una persona che invece deve essere sempre tutelata.

La procreazione assistita

Davanti all’esperienza della sterilità, che a volte può essere vissuta come devastante, la Chiesa cattolica ritiene che l’orientamento della coppia all’accettazione della nascita di figli è fondamentale tanto da essere considerato condizione di validità del matrimonio e che sia doveroso fare il possibile per rimuovere l’ostacolo. Tuttavia la Chiesa ritiene ugualmente valido un matrimonio che non sia coronato dalla nascita di figli perché naturalmente sterile.
Vediamo schematicamente la posizione della Chiesa:

• per vincere la sterilità occorre rimuovere l’ostacolo che la impedisce: non è sufficiente bypassare la difficoltà per mezzo di tecniche mediche perché di fatto, anche se in questo modo la coppia potrà avere un figlio/a, la sterilità rimane;

• le tecniche eterologhe sono contrarie al matrimonio monogamico perché i gameti utilizzati, uno dei due o tutti e due, non appartengono agli sposi. Inoltre vi è un alto rischio eugenetico poiché è possibile selezionare quell’embrione che possiede le caratteristiche desiderate dai genitori o dalla società. Poiché i donatori di gameti sono anonimi, ciò significa da una parte che i figli non potranno mai conoscere veramente la loro origine e dall’altra che sarà impossibile controllare i rapporti di consanguineità (barriera dell’incesto);

• poiché gli embrioni non adatti vengono scartati significa che essi vengono selezionati. La nostra sensibilità può essere viziata per il fatto che stiamo parlando di embrioni. Per comprendere bene ciò che è in gioco provate a pensare che l’embrione scartato è di fatto una persona malata.
Nessuno di voi sarebbe d’accordo a eliminare una persona perché malata. Tuttavia se passasse questa mentalità sarebbero proprio queste le conseguenze: il medico invece di curare un ammalato, in futuro, potrebbe semplicemente eliminarlo;

• non è lecita la disgiunzione dell’aspetto unitivo da quello procreativo;

• non è giustificabile la maternità surrogata;

• c’è il rischio che entrino in questi meccanismi interessi economici e di gestione delle masse e quindi di controllo dell’uomo;

• garantendo la maternità di questo tipo si ignora che nel mondo esistono milioni di bambini che vivono in condizioni di fame e di indigenza. Se da una parte si tende a produrre artificialmente bambini, dall’altra la società toglie gran parte dei sostegni alla maternità e ciò anche in Italia;

• se un tempo la sterilità era considerata una vergogna per la persona che ne era colpita, va detto che oggi questo pensiero non si è per nulla modificato. Proprio la possibilità di avere comunque un figlio induce a credere che l’unica forma di fertilità consista nella fecondità fisica dimenticando che vi sono altri modi per vivere questa dimensione con un atteggiamento forse ancora più generoso: affidamento, adozione di chi è già nato e senza genitori, ma anche l’impegno a favore dell’educazione, socioassistenziale e culturale. Nella fecondità ciò che si dona è se stessi e questo dono può essere vissuto in molte forme.

La contraccezione

La costituzione pastorale Gaudium et spes accenna alla paternità e alla maternità responsabili. I padri conciliari mettono in evidenza la differenza esistente tra la riproduzione umana e quella degli animali e sottolineano che gli atti propri della vita matrimoniale hanno un aspetto morale e devono essere rispettati e stimati. Inoltre la donazione reciproca degli sposi deve avvenire in un contesto di amore autentico.
Il Concilio non si occupò di entrare nel merito delle tecniche usate per il controllo delle nascite. Sarà Paolo VI a scrivere l’Humanae vitae. L’argomento sarà ripreso da Giovanni Paolo II in due documenti, Redemptor hominis e Evangelium vitae. Il matrimonio prevede che i coniugi si donino reciprocamente e completamente. In questo contesto viene precisato che la paternità e la maternità responsabile sono qualcosa che inerisce agli sposi, ma che non deve essere soggetto all’arbitrio. L’enciclica ribadisce l’inscindibilità tra l’aspetto unitivo e quello procreativo dell’atto coniugale. Paolo VI rifiutò tutte le pratiche che ledono la dignità della persona umana, come l’aborto, la sterilizzazione e la contraccezione, precisando che essa rivela un carattere disordinato e quindi lesivo della dignità della persona.

L’aborto

Si parla di aborto quando il frutto del concepimento viene espulso precocemente dal corpo della madre. Questo evento può essere spontaneo o procurato. L’etica si interessa soltanto dell’aborto procurato che viene definito dall’Evangelium vitae al n. 58
«l’uccisione deliberata e diretta, comunque venga attuata, di un essere umano nella fase iniziale della sua esistenza, compresa tra il concepimento e la nascita». Questa definizione comprende anche la soppressione dell’embrione, non importa quale stadio di sviluppo abbia raggiunto (zigote, embrione, feto), il luogo in cui avviene (nelle tube o nell’utero, sia prima sia dopo l’annidamento), con quali mezzi (chimici o chirurgici).
La Legge 194/1978 per parlare di aborto usa l’espressione «interruzione volontaria della gravidanza» e ha l’intenzione di porre al centro dell’azione non la soppressione del concepito, ma ciò che avviene nella donna che richiede l’intervento, anche se non si comprende come chi è abortito possa in un secondo momento riprendere lo sviluppo.
La possibilità di ricorrere a pratiche di fecondazione in vitro ha inoltre diffuso la convinzione che la maternità abbia inizio nel momento in cui avviene l’annidamento dell’embrione nell’utero materno, escludendo da considerazioni etiche tutti gli interventi contro l’embrione che possono essere messi in atto nel periodo precedente.

Disumanità dell’aborto

L’aborto è l’interruzione del processo vitale di un essere umano e ciò basterebbe per valutare questo gesto come profondamente disumano. Con quest’intervento si impedisce a una persona di vivere: il valore della vita, che è di per sé universale, non lo sarebbe in questo caso.
Va ricordato che ogni essere umano è unico e irripetibile: ogni esperienza umana è originale, nessuno la può vivere se non la persona implicata. L’aborto è una perdita per l’intera umanità che sarà privata di quel particolare sguardo sull’essere che solo quella persona avrebbe potuto vivere.

Il pensiero della Chiesa

Le prassi abortive sono condannate costantemente nell’insegnamento della Chiesa. Giovanni Paolo II condannò l’aborto (Evangelium vitae 62) e lo definì delitto abominevole mascherato con l’ambigua formula di «interruzione della gravidanza». La responsabilità di quest’azione non deve essere attribuita soltanto alla madre, ma a tutti coloro che, a diverso titolo, intervengono ottenendo l’effetto (chi aiuta a livello psicologico consigliando l’aborto, aiutando in qualsiasi modo chi vuole attuarlo, medici, chirurghi, ostetrici, infermieri, operatori sociali, parenti e amici). Anche le istituzioni che legiferano in favore dell’aborto sono ritenute responsabili.