La teologia di Israele
L’elezione di Israele
Abituati a nutrire concetti di democrazia o perlomeno a sforzarci di farlo, l’idea che un Dio considerato buono e generoso possa eleggere qualcuno può suscitare sconcerto. Ci aspetteremmo infatti da lui un comportamento imparziale, insomma un Dio che non faccia preferenze. Invece il Dio che la Bibbia ci presenta SCEGLIE e lo fa sin dall’inizio.
Dio sceglie una persona, una famiglia, un popolo, tutta l’umanità. Non è possibile spiegare perché Dio abbia scelto Israele, se non affermando che Dio si è innamorato di un popolo perché è un Dio personale. Il libro del Deuteronomio al capitolo 7,6-10a (citato in apertura di WIP) dice in proposito che Israele è da quel momento consacrato a Dio.
Un impegno personale
L’uomo biblico è chiamato a rispondere con l’amore all’amore di Dio. L’essere eletto infatti porta con sé la responsabilità di ascoltare la Parola di Dio, metterla in pratica realizzando la sua volontà, obbedendo alla sua legge.
Amare Dio nella Bibbia significa prima di tutto non amare altre divinità o idoli. La Bibbia esprime questo concetto in modo piuttosto risoluto, ponendo una precisa alternativa: o si ama Dio o lo si odia. A Dio va riservato solo l’amore.
La Bibbia aborrisce tutti i sincretismi a cui gli Israeliti andarono soggetti nella storia.
Dunque, se l’elezione porta con sé doni particolari da parte di un Dio che ama, questi doni chiamano direttamente l’uomo a rispondere. Così possiamo dire che anche l’uomo elegge Dio. È ciò che capita tutte le volte che due persone si innamorano e si amano.
L’Alleanza nella Bibbia
Nella Bibbia si è utilizzato il concetto dell’ALLEANZA tra Dio e Israele: si tratta di un rapporto esclusivo. Israele è il popolo di YHWH così come Israele ha come unico Dio YHWH. Questo rapporto di alleanza tra Dio e il suo popolo deve essere considerato il nucleo principale di tutta la rivelazione. Dio è il Dio di Israele e Israele è il suo popolo.
Per sottolineare questo aspetto, i profeti esprimono l’idea di alleanza con l’immagine del matrimonio in cui Dio è lo sposo e Israele è la sposa, di cui Dio è innamoratissimo, ma che lo tradisce rincorrendo i suoi amanti e cioè le divinità straniere.
Il profeta Geremia (Geremia 31,31) ci parla di una nuova alleanza, di una situazione in cui l’alleanza sarebbe stata scritta direttamente nei cuori degli uomini i quali in questo modo avrebbero potuto osservarla interiormente e non solo esteriormente.
Le parole del profeta
Nella Bibbia i profeti non sono coloro che predicono il futuro: essi hanno un messaggio che riguarda il presente in quanto rilettura della realtà in cui essi vivono, e di conseguenza anche il futuro. Tuttavia non parlano del futuro con l’intenzione di far conoscere ciò che avverrà, ma di far sapere al popolo il volere di Dio. Ciò che il profeta ha annunciato accade nel futuro perché segno della fedeltà di Dio che realizza ciò che promette. Sempre il profeta annuncia un castigo nei confronti di chi non vorrà aderire alle sue parole e invita alla conversione, non perché quelle parole appartengano al profeta, ma perché esse provengono da Dio. In genere Israele fa molta fatica ad accettare ciò che i profeti hanno da dire, preferendo accettare la parola di chi annuncia benessere per ingraziarsi i ricchi e i potenti.
I profeti rammentano continuamente al popolo il Patto, l’Alleanza con YHWH.
Quando gli Ebrei, nonostante i loro insegnamenti, rompono il Patto, essi non si scoraggiano né si danno per vinti, ma annunciano che dopo il castigo e la purificazione verrà una nuova Alleanza e un nuovo Patto che non avrà più fine (Geremia 31,31 e Ezechiele 36).
Nello stesso tempo i profeti si scagliano contro l’ingiustizia sociale del loro tempo. Molto spesso infatti la ricchezza era suddivisa soltanto tra poche famiglie e tutti gli altri erano costretti a spartirsi i resti. I ricchi e i potenti si servivano della legge per spogliare ulteriormente i più deboli soprattutto i poveri, le vedove e gli orfani.