Rivelazione e fede

La rivelazione e l’umanità

Pensiamo a quante volte nella vita di tutti i giorni usiamo la parola RIVELAZIONE. Spesso si sente dire che un cantante, un regista, un attore, un campione che eccelle in questa o quella disciplina sportiva è una rivelazione. Ma sarà capitato che ci siano state fatte rivelazioni da qualche nostro amico su una persona che amiamo particolarmente, che forse ci ha tradito o di un’altra che non è accettata dal gruppo e di cui si vuole far conoscere qualche difetto o limite. Inoltre, davanti a uno spettacolo della natura, durante un’esperienza intensa di amicizia o di amore, o nel bel mezzo di un concerto possiamo aver intuito che qualcosa ci veniva rivelato.


Il desiderio di conoscere Dio


Studiando le religioni si può verificare che in tutte vi sono elementi buoni e giusti: tutte colgono aspetti di come possa essere la divinità. Eppure troviamo anche errori perché, secondo il pensiero della Chiesa, in quel caso Dio non ha rivelato se stesso. Se la conoscenza di Dio è possibile anche per via naturale, nella rivelazione cristiana è Dio che fa partecipe l’uomo di se stesso e del suo progetto di salvezza.
Per il cristiano, la parola «rivelazione» ha a che fare con la manifestazione storica di Dio in Gesù di Nazaret. Gesù Cristo, uomo e Dio, Figlio di Dio, colui che ha completato e perfezionato la rivelazione, è un uomo in carne e ossa, vissuto veramente e concretamente in un momento preciso della storia. La rivelazione non è dunque semplicemente frutto dell’intuizione umana. Inoltre l’uomo non è costretto in alcun modo a aderirvi.


Dio rivela se stesso e parla agli uomini come ad amici


Il Dio annunciato nel cristianesimo rivela se stesso, in altre parole si autorivela. Tuttavia qualcuno potrebbe chiedersi: «ma perché Dio si è rivelato?». Secondo la fede cristiana, Dio si è rivelato perché gli uomini lo possano conoscere con certezza. Con il Concilio Vaticano II, la Chiesa vuole presentare la rivelazione come la parola di Dio (Dei Verbum). Questa rivelazione è rivolta agli uomini a cui Dio parla come ad amici e lo fa attraverso eventi, fatti e parole. Lo scopo dell’autorivelazione di Dio è quello di consentire agli uomini di diventare partecipi della sua stessa vita.
Gesù è mediatore in quanto è punto di incontro tra gli uomini e Dio essendo egli stesso uomo e Dio, Figlio di Dio incarnato. Gesù è mediatore e pienezza di tutta la rivelazione, una rivelazione che non è dottrina, ma è Dio stesso che si fa conoscere dall’uomo. In questo modo chi ha intenzione di conoscere qualcosa di Dio non può fare a meno di guardare a Gesù. Secondo la Chiesa cattolica la rivelazione è chiusa e ciò significa che non deve essere attesa nessun’altra rivelazione pubblica.

Atti di fiducia e di fede

Molti dei nostri atti di fede riguardano la vita di tutti i giorni. Tuttavia l’uomo ripone la fiducia e la fede anche verso Qualcuno che è in grado di rispondere alle domande esistenziali. Tutti gli uomini sono chiamati in prima persona a aderire o no alla rivelazione. Quando si domanda perché non si dovrebbe credere e quali siano i vantaggi nel non credere, la riflessione del filosofo Pascal prende la forma di una scommessa. È interessante notare il ragionamento del filosofo: se si vince si guadagna tutto, ma se si perde, in realtà non si perde nulla. Egli propone di non dare semplicemente per scontato il rifiuto di Dio e di non considerare immediatamente la fede come assurdità. Papa Benedetto XVI ha affermato che anche i non credenti, alla fine, dovranno fare i conti proprio con l’incertezza che genera l’incredulità.