Il Buddhismo
Le origini
Il termine «Buddha» indica il Risvegliato, l’Illuminato, ed è il termine usato per indicare Siddharta Gautama, l’iniziatore del buddhismo. Tuttavia, è bene ricordare che il buddhismo non è fondato su Siddharta, ma sulla via di salvezza che egli ha voluto aprire, indicare e predicare tra gli uomini. Tale via di salvezza è l’uscita definiva dalla catena delle rinascite a cui tutti gli uomini (secondo le antiche religioni dell'India) sono legati.
Le ciclicità dell'esistenza
Molti concetti del buddhismo sono tratti dalla tradizione brahmanica: tra essi spicca il concetto di ciclicità, quel doloroso meccanismo che porta ogni essere vivente a reincarnarsi. Ma ogni aspetto della vita è ciclico, proprio come il succedersi delle stagioni.
Si tratta di una vera e propria ruota che, girando, origina il divenire: un concetto espresso con la parola nidana, che in lingua pali significa «anelli».
Quasi tutti gli uomini vivono lo avidya ossia l’inconsapevolezza di questa realtà. Tuttavia, quando la mente è in quiete, è possibile raggiungere la consapevolezza. Nel momento in cui invece la pace interiore viene perturbata nasce l’azione, e questa produce un karma che dà origine a un effetto adeguato nella vita seguente.
La dottrina
Il Buddha negò l'esistenza di un principio permanente e creatore all’origine dell’universo e che l’uomo possegga un’anima così come è concepita dagli indu. Perciò l’impegno dei rinuncianti, che volevano comprendere in loro stessi l’identità tra il Brahman e l’Atman, doveva essere considerato vano.
Per il buddhismo la salvezza coincide con l’accesso al nirvana, uno stato di pace assoluta che l’individuo può raggiungere nel momento in cui riesce a estinguere dentro di sé i desideri, le passioni e il dolore. La dottrina del Buddha deve essere pertanto considerata una prassi che col tempo è diventata una religione.
Siddharta non ha mai smesso di affermare che la sua persona non aveva alcuna importanza. Il vero progresso per l’umanità era il cammino compiuto per giungere al risveglio. Tuttavia è difficile comprendere il buddhismo senza conoscere almeno per sommi capi la vita del suo fondatore. La biografia del Buddha è un esempio perfetto della vita di colui che per primo ha raggiunto la meta. L’insegnamento del Buddha non è un insieme di dogmi da imparare a memoria. Siddharta stesso metteva in guardia i suoi discepoli da un’adesione acritica a una tradizione e a un testo scritto. Il discepolo deve usare la propria intelligenza per rinunciare alle azioni che riconosce essere dannose e cattive. Inoltre è necessario staccarsi da tutti i grandi e piccoli legami che vengono a crearsi nella vita di ciascuno.
Le divinità e gli uomini
Buddha non s’interessò al problema dell’esistenza di Dio, eppure fece diverse allusioni alla divinità, il che può far pensare che egli ne ammettesse implicitamente l’esistenza. Nonostante tutto, il buddhismo ritiene che le divinità vivano in una sfera superiore a quella dell’uomo, ma che non siano trascendenti perché, proprio come tutti gli altri esseri viventi, sono sottomessi al SAMSARA. Agli uomini è possibile rinascere come divinità se hanno acquisito meriti speciali. Tuttavia gli dèi, possono gioire della propria realtà superiore ma senza poter accumulare alcun merito.
Gli dèi nascono, invecchiano e muoiono, essendo ancora legati alla legge del karma e inseriti nel samsara. Quando un uomo si rivolge agli dèi e compie buone azioni, il merito di queste andrà a far risplendere la gloria della divinità e non sarà di alcun aiuto a chi l’ha compiuta.
Secondo il buddhismo, le divinità hanno un’importanza soprattutto sociale perché, seguendo il loro esempio, ogni uomo si comporta in modo tale da non essere sgradito agli altri.
Ogni cosa nell’universo non è che un flusso continuo di fenomeni che si avvicendano gli uni gli altri. Anche quando gli uomini pensano di possedere un sé costituito da una sostanza, si illudono perché questo non esiste e non perdura, ma cambia in eterno.
La vita di tutti gli esseri viventi è come un ruscello di montagna che scorre senza mai arrestarsi. L’uomo è solo un aggregato di elementi che si sono uniti senza una ragione precisa e che presto torneranno a dividersi. Ciò che permane è il movimento.
La comunità dei monaci
Il cammino buddhista si persegue nella comunità monastica, il Sangha. Questa comunità fu istituita dal Buddha e ha il merito di aiutare chi ne fa parte a risolvere i problemi materiali e sostenere psicologicamente chi pratica la meditazione.
Chi entra nella comunità trova rifugio presso i tre Gioielli: il Buddha, il Dharma, il Sangha. Chiedendo di essere accolto, il monaco si impegna a rispettare cinque regole:
• essere compassionevole e rispettare ogni forma di vita, anche la più piccola;
• donare e ricevere liberamente, ma non prendere mai egoisticamente;
• non mentire, neanche quando può sembrare che la menzogna sia necessaria;
• non usare droghe e bevande inebrianti;
• rispettare le donne e non avere rapporti sessuali contro natura.
Il sangha è molto importante perché ha il compito di trasmettere nel tempo, oralmente e in parte per iscritto, l’insegnamento del Buddha. Ogni monaco deve essere per i laici esempio luminoso dell’etica buddhista, predicare la dottrina del maestro e aiutare i sofferenti. Non si può confondere tuttavia lo stato del religioso con quello di appartenente al clero di un’altra religione poiché il sangha è una condizione all’interno della quale si persegue la via dell’illuminazione. Solo i monaci sono considerati veri discepoli di Siddharta. Nel monachesimo tibetano è prevista una sorta di gerarchia monastica che va dal novizio al lama. È importante ricordare che sono soprattutto i monaci a essere i veri rappresentanti del buddhismo.
I laici hanno soprattutto il compito di aiutare i monaci nel loro sostentamento e praticare un corretto stile di vita morale.