Che cos'è una religione?
Una premessa di metodo
È necessario chiarire in che senso ci occuperemo del fatto religioso. In questo libro abbiamo intenzione di adottare, per quanto possibile, un approccio di tipo scientifico. Naturalmente dovremo tenere conto che, in qualche modo, parlare di religione significa parlare dell’uomo e della comprensione che egli ha di se stesso e della realtà che lo circonda.
L’approccio scientifico, che può essere usato da tutti gli studiosi, è ciò che ci permette di affermare che quanto stiamo facendo ha una valenza culturale universale.
Nel nostro studio incontreremo religioni diverse. Ogni religione è portatrice di un insieme di credenze, vale a dire di convinzioni di fede di uomini in un contesto culturale particolare, circa la vita e la morte, sul perché siamo su questa terra e su che cosa ci aspetta al termine della vita.
Nella nostra ricerca cercheremo di rilevare le diversità esistenti tra le varie forme religiose, ragion per cui non potremmo dire che tutte le religioni sono uguali tra loro. Maggior spazio in questo volume sarà dedicato al cristianesimo perché è la religione che ha forgiato l’identità dell’Europa.
Il ruolo dello studioso
Il fatto che una persona si dedichi in modo scientifico allo studio della religione non esclude che possa essere anche un fedele fervente. Infatti lo studioso riesce a distinguere il ruolo di ricercatore da quello di credente o di non credente. Superare completamente queste posizioni, ovviamente, non è possibile: se si fosse poco interessati al tema, in questo caso «il religioso», non lo si studierebbe affatto. D’altro canto nessun predicatore fanatico potrebbe essere lucido né oggettivo, cosa che noi invece vogliamo essere. Si tratta perciò di mantenere una giusta distanza dall’oggetto su cui si sta indagando.
Anche voi studenti, in questo caso, vi ponete nella posizione di studiosi della religione, pertanto dovrete cercare di assumere il giusto atteggiamento da tenere nella ricerca.
Che cosa studiamo?
In quest’Unità tematica prenderemo in esame il fatto religioso totale: vale a dire l’insieme di quelle manifestazioni che sono accessibili a un’osservazione scientifica. È evidente che chi sta esaminando il fatto, il dato, ciò che in qualche modo si può misurare e catalogare, è una persona, pertanto difficilmente sarà possibile distinguere sempre con chiarezza il fatto religioso (cioè il dato) dall’esperienza del fenomeno religioso che ciascuno di noi ha.
Universalità e importanza del fatto religioso
Secondo gli studiosi non c’è alcuna società o cultura che non abbia una qualche forma di religione o di pratica religiosa, come ad esempio, giorni dedicati alla festa o luoghi particolari in cui riunirsi per praticare riti o altri tipi di cerimonie religiose. Anche nel nostro tempo, in cui la pratica religiosa è assai meno importante rispetto a qualche decennio o secolo fa, è difficile non avere mai a che fare con la religione: chi di voi infatti non ha partecipato almeno una volta a un rito religioso come un battesimo, una circoncisione, una cresima, un matrimonio, un funerale? Non è necessario essere credenti per essere invitati a queste cerimonie.
Possiamo dunque dire che la religione, in forme diverse – dalle più elementari alle più complesse – è un fenomeno che è possibile ritrovare in tutte le culture. Ciò significa affermare non che tutti gli uomini siano credenti, ma che non ci sono società umane che non siano religiose. Gli studiosi del fatto religioso sono consapevoli dell’importanza di affermazioni come questa: significa infatti che la religione risponde oggettivamente a un bisogno profondo di tutti gli esseri umani.
Che cos'è la religione
A questo punto diventa obbligatorio chiederci: che cos’è una religione? Si tratta di una domanda cruciale a cui è difficile dare una risposta perché, in realtà, tutti noi siamo convinti di sapere già che cosa sia una religione. In molti casi la nostra mente fa riferimento a quella forma religiosa che conosciamo meglio. Conviene, in questa fase, farsi guidare dalla nozione di senso comune, secondo la quale la religione è la credenza dell’esistenza in una qualche forma di una realtà ultraterrena, ultrasensibile e soprannaturale.
Il senso della parola «religione»
È difficile tradurre efficacemente il termine RELIGIONE in modo da rendere la complessità e, insieme, l’universalità del fenomeno. In latino la parola religio indica più uno stato interiore che un insieme di credenze o di pratiche.
Il vocabolo «religione» può forse essere sostituito da «credenza». Tuttavia difficilmente si parla delle proprie credenze: di solito ci si chiede quali siano quelle degli altri.
Secondo sociologi e antropologi è possibile trovare all’interno di ogni religione i seguenti elementi:
• un sistema di credenze: i miti,
• il sacro,
• i riti,
• i simboli,
• la comunità.
Gli psicologi, a loro volta, aggiungono:
• la ricerca dei valori,
• la dipendenza da una forza in grado di far sì che i valori possano permanere nel tempo,
• il comportamento con cui l’uomo cerca di realizzare i valori.
A questo elenco non possiamo non aggiungere la domanda sull’«oltre vita», che ogni popolo risolve in modo singolare. Così in certe culture avremo la credenza in una vita oltre la morte, in altre le fede nella risurrezione, oppure l’attesa della reincarnazione, o altre ipotesi più o meno convincenti.
Il posto del divino e l’etica
Per lo studio corretto di un fenomeno religioso occorre verificare con cura il concetto usato per parlare della divinità, il posto riservato all’uomo e il suo rapporto con Dio, nonché il tipo di etica proposto, poiché una religione può essere seguita quando trasmette qualcosa di buono, qualcosa che sia portatore di autentica salvezza.
Tuttavia è bene chiarire: è infatti convinzione odierna che la religione debba offrire, a partire dall’esperienza quotidiana, una qualche forma di salvezza come la liberazione dalla malattia e dai bisogni materiali. Si tratta in questo caso di una salvezza terrena, verificabile e quantificabile, qualcosa di cui è possibile fare esperienza immediatamente. Nondimeno, se si dovesse accettare la religione come un insieme di tecniche adatte a raggiungere una qualche forma di benessere (fisico, psicologico, economico, spirituale), si dovrebbe affermare che si tratta di visioni del mondo legate a una concezione laica della vita e dunque poco interessate alla relazione con la divinità.
Rientrano in questa categoria, ad esempio, le espressioni religiose legate alla New Age.
La visione cristiana
Secondo il cristianesimo, la storia dell’uomo è la storia della ricerca dell’incontro con Dio, dunque le religioni pre-cristiane possono essere lette come segni della provvidenza di Dio, in cui l’aiuto di Dio si è comunicato agli uomini ogni volta che essi hanno desiderato instaurare una relazione con lui. Secondo la costituzione Lumen gentium (n. 16) del Concilio Vaticano II, tutte le religioni devono essere apprezzate per ciò che di buono danno all’uomo. Pertanto la Chiesa non ha intenzione di eliminare le consuetudini dei popoli, quanto di accoglierle ed elevarle alla luce del Vangelo. Il principio «Extra Ecclesiam nulla salus» di Cipriano (III secolo) affermava che solo chi apparteneva alla Chiesa poteva salvarsi.
Oggi solo chi aderisce all’ESCLUSIVISMO ECCLESIOCENTRICO ritiene che la Chiesa detenga il monopolio della salvezza. Tutte le altre scuole teologiche partono dal presupposto che, data la centralità di Cristo, le religioni possono essere incluse nella salvezza da lui operata. Cristo è, secondo i cristiani, principio di salvezza per tutti gli uomini, anche quelli che non lo conoscono o non credono in lui. In questo senso è possibile il pluralismo religioso, poiché ogni persona è inclusa nella salvezza operata da Cristo. L’annuncio del Vangelo presuppone dunque il dialogo e l’apertura alla pluralità delle religioni, nelle quali è possibile trovare un principio di verità (vedi la Dichiarazione del Concilio Vaticano II Nostra aetate sulle relazioni della Chiesa con le religioni non-cristiane).