06. Verso una «civiltà cristiana»
Indice sezioneCristiani nonostante le persecuzioni
San Lorenzo
Della vita di Lorenzo si conosce molto poco. Si ricorda soprattutto la sua morte, ma con alcune lacune. Le fonti antiche lo citano come uno dei sette diaconi di papa Sisto II che servivano la comunità cristiana di Roma. Tra i suoi compiti c'è l'assistenza durante le celebrazioni e i riti papali, la distribuzione dell'Eucaristia e l'amministrazione delle offerte.
Sotto l'imperatore Valeriano, succeduto a Decio, ci fu un inasprimento nei confronti dei cristiani, fino alla messa a morte di vescovi e preti. Lo stesso papa Sisto II subirà la pena. Secondo la tradizione, prima di morire, papa Sisto s’incontrò con Lorenzo che venne però, a sua volta, fermato e obbligato a consegnare i tesori della Chiesa. Lorenzo chiese un po' di tempo, ma in questo frangente riuscì a distribuire tutte le offerte di cui era amministratore. Successivamente comparve davanti al prefetto con i poveri, gli emarginati e i malati dicendo: "Ecco, i tesori della Chiesa sono questi". Venne quindi disposta la sua condanna a morte che, secondo Ambrogio, prevedeva l'essere bruciato sopra una graticola. Questo dettaglio entrerà in tutte le rappresentazioni del santo. Tuttavia, secondo recenti studi, è probabile che Valeriano non ordinò alcuna tortura e che Lorenzo sia stato decapitato.
Nell'iconografia tradizionale, Lorenzo è rappresentato nella duplice versione di diacono, con la dalmatica, e di martire con la graticola e il ramo di palma.
San Sebastiano
Anche su Sebastiano le notizie storiche sono poche. Sappiamo, da ciò che ci ha tramandato Ambrogio, che è nato e cresciuto a Milano, e che è stato educato alla fede cristiana. Trasferitosi poi a Roma (nel 270 d.C.), divenne tribuno e fu stimato per la sua lealtà e intelligenza dagli imperatori Massimiano e Diocleziano, che non sospettavano fosse cristiano.
Sebastiano, dopo aver sepolto i santi martiri Claudio, Castorio, Sinforiano, Nicostrato, fu arrestato e portato davanti all'imperatore che lo condannò ad essere trafitto dalle frecce. Dopo averlo legato ad un palo i soldati eseguirono la condanna. Credendolo morto, fu lasciato in pasto agli animali selvatici. Una nobile, di nome Irene, mettendo a repentaglio la sua vita, andò a recuperarne il corpo per dargli sepoltura. La donna si accorse che Sebastiano non era morto e lo trasportò nella sua casa, per curarlo. Miracolosamente Sebastiano riuscì a guarire e decise di proclamare la sua fede davanti all'imperatore. Superata la sorpresa, Diocleziano ordinò che questa volta fosse flagellato a morte. L’esecuzione avvenne nel 304 d.C. (circa). Come massimo affronto il corpo fu gettato nella Cloaca Massima, affinché i cristiani non potessero recuperarlo. Ma secondo la tradizione il martire apparve in sogno a Lucina, indicandole il luogo dov’era approdato il cadavere. Il corpo fu sepolto nel cimitero “ad Catacumbas” della Via Appia.
La raffigurazione più comune è quella che vede Sebastiano legato ad una colonna, seminudo e trafitto dalle frecce (tradizione rinascimentale). Tuttavia non è l'unica: tra il VII e VIII secolo veniva rappresentato con la croce, la palma, mentre nel Medioevo era rappresentato come cavaliere con arco e frecce.
Monumenti distrutti
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Leggi/Scarica il documento .pdfLa svolta di Costantino
Costantino e l'editto di tolleranza
La nascita di una civiltà cristiana
Agostino
I grandi personaggi religiosi che nella storia hanno avvertito la vocazione divina non hanno sempre risposto a questa chiamata con un atto di fede immediato, vissuto come docile accettazione della volontà di Dio. Alcuni di loro hanno sperimentato una vera e propria lotta interiore prima di abbandonarsi con fiducia a Dio.
È il caso di un grande personaggio della storia della Chiesa: Agostino d’Ippona (354-430). Dopo aver vissuto da giovane una vita alla ricerca di piaceri e di ambizioni terrene, Agostino, all’età di circa trent’anni, sente che Dio lo chiama ad abbandonare ogni legame con il passato e a vivere secondo la legge del vangelo. Ma in sé avverte un forte contrasto: è incapace di abbracciare in modo deciso la fede e di cambiare vita.
In una sua famosa opera autobiografica, Le Confessioni (397), descrive il dramma che gli impedisce di prendere una decisione definitiva in favore di una vita nuova. Così, dopo aver narrato come per l’incapacità di troncare con il passato fosse stato assalito da un incontenibile pianto, racconta in che modo Dio lo condusse a sé in modo definitivo: «Ed ecco dalla casa vicina mi giunge canterellata una voce – di bambino o di bambina, non so – che ripeteva a guisa di ritornello: “Prendi leggi; prendi leggi”.
Di colpo il volto si muta (...) Frenai il corso delle lagrime, mi alzai sicuro che quella voce non era altro che un ordine del cielo di aprire il libro e di leggere il primo capitolo che mi capitasse sotto gli occhi.
Avevo poco prima sentito parlare di Antonio che da una lettura del Vangelo a cui per caso assisteva, come se essa fosse stata indirizzata a lui personalmente, aveva ricevuto l’invito: “Va’, vendi tutto quello che hai, distribuiscilo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi”, e che era stato istantaneamente convertito a Te da quella parola divina.
Pertanto, tutto eccitato, ritornai (...) dove avevo posto il volume dell’Apostolo nell’atto di alzarmi. Lo afferrai, lo aprii e, in silenzio, lessi il primo versetto che mi cadde sotto gli occhi: “Non nella crapula [cioè: piaceri del cibo] e nell’ubriachezza, non nelle impudicizie del letto, non nella discordia e nell’invidia: rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo (...)”.
Subito, appena finito il versetto, come per una luce rassicurante infusa nel mio spirito, tutte le tenebre dell’incertezza scomparvero»
(Confessioni VIII, 12).
Agostino considera la luce della fede un dono immeritato di Dio, il quale, come all’inizio del mondo con la sua parola ha creato tutto ciò che esiste, così ora, grazie alla parola della sacra Scrittura, ha fatto nascere in lui la fede e lo ha reso sicuro nella sua decisione di convertirsi.